Salario minimo: la sentenza della Cassazione riaccende una speranza, cambia tutto per i lavoratori

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Portafogli vuoti nonostante molte ore di lavoro, qualcosa nel sistema potrebbe rivoluzionare i vostri salari definitivamente.

In Italia da anni argomento di discussioni parlamentari è il fatto che milioni di persone vivano con cifre irrisorie, lavorativamente parlando sfruttate e al di sotto della soglia di povertà. Nel 2015 tale limite era valutato con un budget mensile di mille e cinquanta euro per una famiglia di due persone e cinquecento per un singolo.

Negli ultimi anni,  nonostante le proteste e le continue richieste, sembra che il bel paese non sia in grado di garantire ai suoi cittadini quel minimo indispensabile per avere un tenore di vita dignitoso.

La fascia più colpita è quella dei giovani, che non riescono a trovare adeguato inserimento nel mercato del lavoro e che, sovente, si ritrovano costretti ad appoggiarsi al nucleo familiare d’origine per potersi garantire la sopravvivenza.

Più passano gli anni e più sembra che quella triste amarezza sulla riflessione della dignità umana portata al cinema dal grande e indimenticato Vittorio De Sica sia diventata la costante per il popolo italico.

Il salario minimo questo grande sconosciuto

Il salario minimo in diritto del lavoro è la remunerazione più bassa che i datori di lavoro devono versare ai lori dipendenti. In un momento di crisi economica mondiale come questo, garantire un salario minimo, potrebbe aiutare intere famiglie a vivere dignitosamente senza dover ricorre a strumenti di sostegno come il sussidio.

Un giro di boa potrebbe esser la sentenza della Corte di Cassazione n 27711 del 2/10/2023, perché  non si esclude che sia la svolta su un argomento che ha sempre portato scontri tra dipendenti e datori di lavoro. Infatti, la suprema Corte ha stabilito in diritto che sia stata violata la legge nel caso di un dipendente che aveva fatto ricorso per ottenere una congrua retribuzione contro il suo principale.

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Cosa ha deciso la Cassazione sul salario minimo?

La corte ha ribaltato la sentenza d’appello che non vedeva riconosciuto il diritto del lavoratore a un salario congruo, perché ha rilevato una violazione dell’art.36 della Costituzione. Nella fattispecie in esame l’articolo garantisce due diritti fondamentali a un cittadino: una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e una retribuzione che garantisca un’esistenza libera e dignitosa.

Questa importantissima sentenza segna una svolta epocale per tutti i lavoratori, dal momento che si potrà di nuovo lottare per vedere riconosciuto il peso del proprio impiego senza sentire la pressione di svendersi con retribuzioni offensive della dignità di una persona.