Pensioni, l’INPS deve rimborsare molti lavoratori: scopri se sei tra questi
Il governo, con la Legge di Bilancio, ha tagliato la rivalutazione degli assegni previdenziali per molti pensionati. Ma qualcuno non ci sta.
Le pensioni, per volontà del legislatore, ogni anno subiscono una variazione in incremento, al fine di riallineare – almeno in parte – il loro valore al costo della vita.
Nel 2023 tutti gli assegni previdenziali, sino a quattro volte il minimo, hanno perciò visto un aumento del proprio valore di un 7,3%. Considerando che nel 2022 il trattamento minimo di pensione, per lavoratori dipendenti ed autonomi, era pari a 525,38 € al mese, tutti pensionati con assegno di un importo mensile sino a 2.101,52 € hanno visto applicarsi la stessa aliquota di rivalutazione.
Il governo Meloni ha però ridotto l’incremento previsto per tutti i pensionati con un assegno mensile superiore a quattro volte il minimo. Incremento che già nel 2022 – per questa tipologia di pensionati – si presentava comunque ridotto. Infatti, coloro che percepivano un assegno tra le quattro e le cinque volte il minimo, videro rivalutarsi la propria pensione solo del 90%; per coloro poi il cui assegno superava di almeno cinque volte il minimo, la rivalutazione fu invece solo del 75%.
Per il 2023 il governo in carica ha invece previsto ben cinque scaglioni oltre la soglia della rivalutazione piena, fissata come detto intorno ai 2.100 €.
La rivalutazione delle pensioni oltre quattro volte il minimo
Per entrare nei dettagli: il 7,3% di incremento si riduce del 15% (ossia al 6,2%) per assegni tra quattro e cinque volte il minimo; scende del 47% (ossia al 3,9%) per quelli tra cinque e sei volte; del 53% (al 3,4%) tra sei ed otto volte; del 63% (al 2,7%) tra otto e dieci volte; del 68% (al 2,3%) per importi superiori a dieci volte il minimo.
Appare per alcuni alquanto probabile supporre di trovarsi di fronte ad una disparità di trattamento economico tra pensionati che viola i precetti della nostra Costituzione.
La UIL avvia un contenzioso con l’INPS
A tal proposito è iniziata una battaglia legale che vede alcuni pensionati, spalleggiati dalla UIL, contrapporsi all’INPS e a quanto stabilito dalla attuale Legge di Bilancio. L’obbiettivo non nascosto da parte del sindacato è giungere addirittura a far pronunciare sul tema la Corte Costituzionale.
Ciò che si sostiene ai piani alti dell’Unione Italiana del Lavoro è per l’appunto che la Legge di Bilancio 2023 – nell’articolo in cui vengono stabilite le nuove misure di rivalutazione per le pensioni “alte”, al momento applicabili anche per il prossimo anno – violi espressamente i dettami della Carta Costituzionale, in quanto si paleserebbe una evidente disparità di trattamento tra pensionati. Rimborsi in arrivo, quindi?