L’attività di recupero crediti si attua anche attraverso il pignoramento del conto corrente: ecco quando succede.
L’art.491 del codice civile disciplina le modalità di pignoramento del conto corrente: questa circostanza viene attivata nel caso ci sia necessità di un’espropriazione forzata per recuperare un importo dovuto.
Si arriva al pignoramento quando non si pagano i creditori e per creditori si intendono sia soggetti privati che banche, che finanziarie che Agenzia delle Entrate.
Per ottenere il saldo della somma il creditore deve rivolgersi al tribunale e dimostrare di non aver mai ottenuto il pagamento del debito.
A questo punto il debitore riceverà un decreto ingiuntivo che impone il pagamento della somma dovuta entro una data specifica: se alla scadenza del pagamento il debito non è stato saldato si passerà all’atto di precetto.
L’atto di precetto è l’ultima spiaggia per il debitore che deve corrispondere l’importo dovuto. Successivamente si arriverà al pignoramento del conto corrente. Il procedimento viene effettuato da un’autorità giudiziaria e al creditore è permesso di richiedere al tribunale di congelare una parte dei fondi presenti sul conto corrente in questione. Si dovrà ottenere un’autorizzazione a procedere e il creditore potrà avviare la procedura necessaria per prelevare direttamente la cifra dovuta dal conto corrente bloccato.
Nel caso in cui i debiti contratti siano di tipo fiscale e ci siano da saldare cartelle esattoriali non è necessaria l’autorizzazione di un Giudice per procedere. Nel caso in cui l’intestatario sia un lavoratore dipendente o un pensionato, lo stipendio o la pensione non possono essere pignorati nella loro totalità.
Esistono dei limiti nel pignoramento del conto corrente. Per quanto riguarda lo stipendio il limite della pignorabilità è fissato ad 1/5 del totale netto mensile. Nel caso in cui il pignoramento derivi da crediti di natura alimentare la percentuale di pignorabilità è del 30%. In caso di stipendio già accreditato sul conto corrente è lecito pignorare solo quanto eccede dall’importo pari al triplo del valore dell’assegno sociale: lo stipendio è impignorabile se sul conto ci sono meno di 1509,81 euro.
Passando alla pensione, invece, la parte della pensione pignorabile è quella corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, quindi deve essere garantito un minimo di sostentamento di 1000 euro. Nel caso in cui pensione o naspi siano già state accreditate sul conto corrente è lecito pignorare solo quanto eccede dall’importo pari al triplo del valore dell’assegno sociale. E se il creditore è l’Agenzia delle Entrate? Si possono pignorare pensione o stipendio inferiore a 2.500 euro per un limite di 1/10, pensione o stipendio superiore a 2.500 euro ma inferiore a 5.000 euro per un limite di 1/7, pensione o stipendio maggiore di 5.000 euro per un limite di 1/5.