Il tuo capo può obbligarti a farlo se vuole: devi proprio sapere questo se sei un dipendente

obbligo alla pensione
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Ci sono lavoratori che non vogliono andare in pensione, ma possono essere obbligati dal proprio datore di lavoro? Ecco la verità.

Ci si chiede spesso se i datori di lavoro possano obbligare in qualche modo i propri dipendenti ad andare in pensione anche quando questi ultimi sono disposti a continuare a lavorare e si trovano nelle condizioni di farlo.

In merito a questa circostanza si è espressa la Corte di Cassazione che ha dovuto sentenziare sulla causa di un conducente di un autobus pubblico che era stato licenziato dal datore di lavoro in quanto in possesso dei requisiti necessari per il pensionamento.

L’uomo aveva espresso il desiderio di continuare a lavorare ed ha rappresentato dunque un’occasione per la Cassazione di definire i criteri che riguardano la legittimità del licenziamento finalizzato alla pensione.

Questa decisione della Corte di Cassazione rappresenta un importante precedente giuridico in materia, che va di fatto a riempire una lacuna lasciata dal legislatore: ecco cosa dice la sentenza n. 10.883 del 24 aprile 2021 della Sezione lavoro sul rapporto tra la volontà del dipendente e quella del datore di lavoro in merito alla pensione.

Obbligo al pensionamento: quando si può licenziare legittimamente il dipendente

Secondo le motivazioni dei giudici il datore di lavoro ha quasi sempre la facoltà di obbligare i propri dipendenti al pensionamento. Nel dettaglio si legge che il dipendente che abbia maturato i requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia può essere licenziato e obbligato ad andare in pensione, contro la sua volontà e non tenendo conto della sua eventuale idoneità al lavoro. Il datore di lavoro, però, non può costringere il lavoratore alla pensione anticipata, che resta una scelta che spetta solo al dipendente.

Esiste, infatti, una differenza sostanziale tra le due circostanze: la pensione di vecchiaia non comporta rinuncia economica, mentre la pensione anticipata comporta un introito minore fino al raggiungimento dell’età necessaria per il pensionamento. Il trattamento pensionistico anticipato dipende, quindi, esclusivamente dalla volontà del lavoratore. Stesso discorso per il versamento dei contributi ai fini pensionistici: il datore di lavoro non può chiedere al dipendente di anticipare la pensione se il lavoro è necessario per aumentare i contributi in vista della pensione.

pensione obbligatoria
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Limiti di età per la pensione: cosa succede dopo i 65 anni

In sintesi, per quanto riguarda la forzatura alla pensione da parte del datore di lavoro nei confronti del dipendente c’è da dire che ogni situazione andrebbe analizzata caso per caso. Come regola generale vige quella dei 71 anni, considerati limite che consente l’uscita obbligatoria dal lavoro per i dipendenti del settore pubblico. Chi supera questa età può essere licenziato legittimamente, senza fornire alcuna motivazione.

Il limite di 65 anni per il pensionamento può essere innalzato per chi non ha raggiunto il requisito contributivo necessario: sulla questione deve decidere la Pubblica Amministrazione, che è chiamata anche a valutare la possibilità di un prepensionamento per i dipendenti che hanno raggiunto i requisiti prima dell’età richiesta.