“500 mila italiani in meno”: allarme rosso Smart Working | La decisione mette in ginocchio la nazione
Lo smart working in Europa, ma anche nel resto del mondo, sta diventando una realtà sempre più forte, ma la domanda è: l’Italia è pronta a questo grosso cambiamento? Si sperimenta anche il lavoro ibrido.
Lo smart working ormai, post periodo pandemico, è diventato uno degli argomenti più attuali e dibattuti, con l’opinione pubblica che si divide tra coloro che lo accettano incondizionatamente e coloro che invece non vogliono aggiornarsi ai nuovi meccanismi di lavoro.
Il lavoro da remoto in Italia infatti sta calando rispetto al 2021 e le aziende italiane cercano sempre più di contenere il fenomeno che soprattutto dopo la pandemia di Covid19 si stava espandendo a vista d’occhio.
Questo mentre in Europa, ma anche nel resto del mondo, il discorso smart working si disconnette sempre di più dal concetto di pandemia e le aziende classiche hanno deciso autonomamente di promuovere il lavoro da casa, dando così più spazio e libertà ai propri dipendenti.
La situazione dunque è ancora da definire, con la necessità di comprendere come mai in Italia è ancora difficile promuovere quel tanto agognato equilibrio tra lavoro e vita privata.
Smart working in Italia: la situazione che troviamo attualmente
Pensare come detto che in periodo pandemico più di un terzo dei lavoratori dipendenti italiani era in smart working, adesso la situazione risulta estremamente cambiata. Le aziende ritornano al lavoro tradizionale, in particolare la pubblica amministrazione e le piccole o medie imprese. Diversa la situazione per le grandi aziende dove il lavoro da remoto è ancora abbondantemente contemplato.
Dall’anno scorso però i dati non mentono: circa 500 mila lavoratori in meno lavorano in remoto. La situazione potrebbe essere leggermente riadattata nel prossimo anno, con un piccolo rialzo dovuto al riassestamento di alcune grandi aziende.
Ma la situazione comunque in Italia, come visto, fa difficoltà a sbloccarsi la questione lavoro in remoto e le ragioni sono varie: per prima cosa è un discorso di fiducia, dove i proprietari di aziende sono ancora restii a lasciare piena autonomia di manovra ai dipendenti.
Seconda cosa c’è anche il discorso prettamente pratico di riadattare il lavoro ad un modello simile, dove alcune aziende, soprattutto le piccole, dovrebbero ristabilire i propri parametri lavorativi dalle fondamenta e questo, come dimostrato da uno studio del Politecnico di Milano, fa molta fatica ai più.