Le banche anticipano il Tfr ma attenzione ad un particolare: fondamentale
Un nuovo servizio creato ad hoc dalle banche anticipa il Tfr ai dipendenti statali applicando un costo fissato in virtù dell’accordo tra l’Abi e il governo. Ma di che cosa si tratta nello specifico?
Le lungaggini nell’erogazione del TFR sono ormai tema alquanto noto. Ai tempi tecnici si aggiungono quelli imposti dai meandri della burocrazia, i quali si traducono in difficoltà oggettive che ricadono sulle spalle dei contribuenti che ora vogliono saperne di più!
Arriva l’antico del TFR
Repubblica riporta che, nei casi di pensione ordinaria anticipata oppure di pensione di vecchiaia, possono servire fino a 24 mesi per l’erogazione del TFR. Ma. attenzione- perché se si applicano Quota 100 o Quota 102 di mesi ne possono essere necessari 60, ovvero cinque anni! Da qui è nato un nuovo servizio nato in collaborazione tra l’Abi (Associazione bancaria italiana) e il governo mediante il quale il lavoratore statale può contare su un anticipo del TFR pagando -però- un prezzo. Insomma, qualche soldino va speso, ok?
Come le banche ci vengono in aiuto
Diversi provvedimenti datati 2019 e 2020 si sono fatti – tra l’altro- carico di limare le disparità che grava- soprattutto- sull’erogazione del TFR ai dipendenti pubblici – che sono in tutto circa 3,2 milioni di persone – rispetto a quelli privati. Tutto ciò ha aperto poi anche le porte al nuovo servizio offerto dalle banche a cui hanno aderito, tra le altre, Unicredit, Banca Sella e Cassa di Ravenna.
Di fatto gli istituti di credito si sostituiscono alla Pubblica amministrazione e, per anticipare almeno parte del TFR, hanno creato due diversi modelli. Quali sono? Scopriamoli insieme…
I due modelli
Il primo prevede prestiti fino a 45mila euro a tassi agevolati, pari alla media del rendimento dei titoli pubblici. La durata? Diciamo che è assimilabile a quella del finanziamento a cui si aggiunge lo 0,40% di interessi ulteriori.
Il secondo metodo si applica- invece- agli importi superiori ai 45mila euro a fronte dei quali le banche chiedono tassi di interesse allineati al mercato e – pertanto- maggiormente onerosi per il contribuente in attesa del TFR.
Ma è bene dire che non è di fatto il modello più diffuso, ma Banco Bpm, particolarmente attiva nell’accogliere questo tipo di richieste, etichetta questa collaborazione con lo Stato come “molto proficua”.
Si tratta di un mercato da 680 milioni di euro, cifra che comprensibilmente attira l’attenzione delle banche. Di fatto si tratta- dati e confronti alla mano- di una cessione del credito simile a quella che viene contemplata da diversi Bonus governativi, che si fondano sul garante ultimo, ossia lo Stato italiano.
Il contribuente- in poche parole- firma un contratto con un istituto di credito il quale, entro quindici giorni, gli verserà quanto pattuito in sede contrattuale in attesa di incassare il medesimo importo dall’ente che erogherà il TFR.
Il rimborso e il taglio medio
Questa forma di anticipo alquanto agevolato esiste dal mese di marzo del 2021 e, come ha spiegato a Repubblica il responsabile dei prodotti di finanziamento di Unicredit Italia Fabio Mucci, il taglio medio degli anticipi è di circa 40mila euro, con una durata di oltre trenta mesi . Inoltre pare che la platea che vi fa ricorso risieda- soprattutto- al Centro e al Sud del Paese.
Ricordiamo- infine- per dovere assoluto di cronaca- che l’ Unicredit detiene circa il 60% del mercato e si può – pertanto- ragionevolmente credere che il profilo tipo del richiedente sia assolutamente attendibile.
Il rimborso è coperto fino all’80% dal Fondo di garanzia e questo permette alle banche – come è facile intuire- di accantonare meno capitale, così come previsto dalle norme, per fare fronte a momenti di crisi, oggi decisamente forti, tenendo in salvo in tale maniera la loro stabilità.