L’avvocatessa Rossella Benedetti chiede ricorso in merito ad un caso di violenza domestica: i bambini erano costretti ad incontrare il padre violento.
La richiesta dell’avv. Benedetti è stata accolta dalla Corte europea dei diritti umani con non pochi provvedimenti per l’Italia.
Ogni atto di violenza, che sia nei confronti dei genitori o dei figli, deve essere punito. E di questo ne è fermamente convinta Rossella Benedetti, appartenente all’ufficio legale del centro Differenza Donna. Il caso di cui parleremo oggi è particolarmente importante e serve per mettere in luce le falle della legislatura italiana. Partiamo con dire che secondo la legge, è considerato reato impedire al padre di vedere il figlio. Ma fino a che punto può essere considerata valida tale prescrizione? Nei casi in cui il padre sia violento cosa succede? Per rispondere a tali domande, prenderemo in esame il caso di Rossella Benedetti e della vicenda della donna seguita dal centro antiviolenza di Villa Pamphili di Roma.
Quando l’avvocatessa si è ritrovata in questa particolare situazione non ha potuto credere quanto la legislatura italiana resti così indenne davanti a situazioni del genere. La donna ha preservato un caso di violenza che continuava a perpetuarsi nel tempo. Le leggi italiane, infatti, non avrebbero protetto i figli minorenni della donna che ha richiesto aiuto (I.M), costringendoli per circa tre anni ad incontrare il padre accusato di maltrattamenti. L’associazione Differenza Donna, infatti ha esordito denunciando come i Tribunali Civili Italiani abbiano turbato l’equilibrio psicologico ed emotivo dei bambini che erano in qualunque modo costretti ad incontrare il padre in ambienti in cui non era possibile garantire la loro protezione. La giurisprudenza italiana non avrebbe, quindi, agito nell’interesse primario del minore, dando modo al padre di continuare ad esercitare atti violenti anche durante gli incontri.
Ad intervenire a favore dell’avv. Benedetti è stata la Corte Europea dei Diritti Umani che ha accolto il ricorso in merito alla vicenda, condannando l’Italia a causa della violazione dell’art.8 della Convenzione. Tale articolo riguarda il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Inoltre, la CEDU ha saputo accogliere le ragioni della donna soggetto di abusi, affermando che la stessa ha agito nel miglior modo possibile rifiutando di affidare i figli al padre durante gli incontri. Concorderemo tutti, dopo aver letto l’incredibile notizia, con le parole dell’avvocato dell’ufficio legale di Differenza Donna: “Oggi un altro grande successo per le Donne e per la Giustizia”. A spendere parole riguardo l’accaduto è anche il presidente dell’associazione, Elisa Ercoli: “Siamo felici, soddisfatte, orgogliose di questa sentenza storica che ristabilisce cosa vuole dire giustizia e cosa vuol dire protezione”…“Oggi è una bella giornata: i diritti delle donne madri e delle bambine/i è pienamente affermato. Vigileremo perché non avvenga e perché ogni tribunale senta il peso di questa storica sentenza”.