Al momento risultano circa 660mila i percettori della misura che sono tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro.
Ma molti di questi potrebbero perderlo presto. Leggiamo la nuova decisione del governo al riguardo.
La revisione del reddito di cittadinanza, annunciata dal premier Giorgia Meloni già dal discorso sulla fiducia tenuto dinanzi al Parlamento, si avvicina a grandi passi: l’ipotesi al momento più plausibile è che si intenda limitare l’accesso alla misura esclusivamente a quei cittadini che non risultino in grado di lavorare.
Nella maniera in cui è stato strutturato, secondo il presidente del Consiglio, il reddito di cittadinanza “ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia”. Ecco perché risulta ora necessario studiare un modo di limitare la platea dei beneficiari. Nessuna intenzione di smantellare integralmente il Rdc, ha spiegato il premier, che ha ribadito di voler “mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare”. La musica dovrebbe cambiare per tutti gli altri:“La soluzione non può essere il Reddito di cittadinanza, ma il lavoro”.
L’attuale vicepremier Matteo Salvini, che punta a rendere fattibile l’attuazione di una proroga di Quota 102 anche per il prossimo anno, ha proposto di sospendere il Rdc per sei mesi solo a “quei 900mila percettori che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi”. Si potrebbe in questo modo, secondo il segretario della Lega, recuperare la cifra di un miliardo di euro, esattamente quella che l’INPS ritiene necessaria a sostenere Quota 102 anche nel 2023.
Resta da capire a quanto ammonta il numero degli attuali percettori del reddito di cittadinanza che potrebbero essere considerati occupabili. Quanti quindi rischiano di perdere il sussidio?
Basandosi su alcuni dati pubblicati all’inizio del mese di ottobre dall’Agenzia nazionale politiche attive del lavoro (Anpal) i beneficiari del reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916. Una cifra dalla quale vanno sottratti i 173mila che risultano attualmente occupati e gli 86mila esonerati, esclusi oppure rinviati ai servizi sociali. Rimangono quindi 660mila cittadini, che rappresentano il numero di beneficiari del Rdc tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro: proprio nei confronti di questi dovrebbe muoversi il governo nel suo lavoro di riforma della misura.
Dei 660mila beneficiari soggetti al patto per il lavoro spiega l’Anpal nella nota di ottobre, “quasi i tre quarti – il 72,8%, corrispondente a 480mila persone – non ha avuto un contratto di lavoro subordinato o para-subordinato negli ultimi 3 anni”.
Si tratta quindi di “individui che complessivamente esprimono alcune fragilità rispetto al bagaglio con cui si affacciano ai percorsi di accompagnamento al lavoro”, prosegue il documento, “e che nel 70,8% dei casi hanno conseguito al massimo il titolo della scuola secondaria inferiore”. “Solo il 2,8% presenta titoli di livello terziario, mentre un quarto ha un diploma di scuola secondaria superiore”, conclude l’Anpal: situazione, questa, che potrebbe complicare o tardare il reperimento di un’occupazione.